24 Aprile 2024 14:40

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Trivigno, conca sospesa nel cielo

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Così il poeta dialettale tiranese Dante Tozzi canta Trivigno: “‘na distesa , tüta de pràa e de busch suspesa sü ‘n de ‘l ciel, verda ‘n de ‘l sul: ‘na gesa bianca, che manda la sua ùus frèsca ‘n de l’aria ‘n chèla püra pas. Bèl l’è Trivign cura i la spazza ‘l vent e li nebbi li curr cuma ‘n de ‘n mar ‘ndua tütt al spariss. Ma ‘n de ‘n mument pü bel al turna ‘l sul, el ciel, el verd (una distesa, tutta di prati e di boschi sospesa nel cielo, verde nel sole, una chiesa bianca che manda la sua voce fresca nell’aria in quella pura pace. Bello è Trivigno, quando lo spazza il vento e le nebbie corrono come nel mare dove tutte sparisce. Ma in un momento più bello ritorna il sole, il cielo, il verde)”.

Sì, Trivigno (1737 s.l.m) è una conca di cielo che stupisce per la sua bellezza. La sua luce, la sua luminosità, i suoi ampi spazi aperti invitano lo sguardo a posarsi sui declivi prativi e su un gruppo centrale di belle case. La graziosa chiesetta di S. Gaetano con il suo ampio piazzale affascina e distoglie solo per un momento la visione delle ampie distese boschive. Alla località La Crùs, la conca trascina lo sguardo, prima a valle in un affascinante interrogativo di casette che si scorgono a mala pena tra la macchie nella pineta, poi a monte dove troneggia la Cùlum che sembra voler dominare la sponda “del Gioèl “e “dèli banchèli “.

Questo esteso e gradevole territorio è stato, sin da tempi remoti, zona d’alpe di Tirano, Villa di Tirano e Stazzona. Ma, se il poeta Dante Tozzi ha cantato le bellezze di Trivigno, ora bisogna lasciar parlare Sergio Tognolini, detto Ciufìn che di Trivigno conosce la natura. Questo “giovanotto“ di 79 anni mi fa da guida. Ha “’na gamba” da capriolo e una vista d’aquila.

Per prima cosa mi dice “tutte le strade portano in Trivigno. C’è quella che passa per Cabrèla, quella che arriva da S. Ròch, la mulattiera che arriva da Piscina, quella che arriva dall’Aprica e giunge a Trivigno basso, quella che arriva a Trivigno alto, quella che arriva da Guspèsa”.

Incominciamo il nostro giro. Mi porta a vedere la vecchia mulattiera che da Piscìna giunge sino alla chiesa di S. Gaetano. Sostiamo nel piazzale e da lì mi indica le case e mi racconta, filo per segno, la loro storia e i loro proprietari. Proseguiamo sino a raggiungere la Crùs. Meraviglia! Si può ammirare la conca di Trivigno in ogni direzione. Mi indica la zona del Gioèl, poi racconta che cinquanta anni fa era tutta brulla, senza piante, ora è diventata una bella pineta. Merito o colpa dell’innalzamento della temperatura.

Mi spiega che la valle di Trivigno è vasta. La sua estensione la si può considerare con inizio già da Prà Piàn con le sue numerose case mimetizzate nella folta pineta, fino a giungere alla Culùm .
A lato della Crùs imbocchiamo la strada “déli banchèli”. Non basterebbe un’ora per descrivere la bellezza di questo sito.

La strada militare porta a due postazioni di cannoni del tempo della prima guerra mondiale. Sono visibili gli imbocchi delle gallerie, le trincee, la zona “dèli cüsini“ dove i militari avevano la loro mensa. Raggiungiamo la “còrna bianca“. E’ un masso bianco, liscio e spettacolare. In piedi, su quel masso, sembra d’essere su una fusoliera d’aereo; la visione di Tirano e della val Poschiavo è da mozzafiato. A questo punto mi vengono in mente i versi del poeta Tozzi; mi rivolgo alla guida e dico “Sèrgiu, l’è propri ‘n gran bèl pòst“ (Sergio, è proprio un gran bel posto). Torniamo sui nostri passi e raggiungiamo di nuovo La Crùs.

Mi assale un pensiero. Ho un tuffo al cuore e dico all’amico Ciufìn: quanta bellezza, Trivigno sembra un sogno tutto per noi due. L’amico con tono malinconico mi dice: te le dìcia fò giüsta, Trevìn ‘l par ‘n sùgn tütt per nòtri dùu, pecàa che ‘l gh’è mìga ‘n giru gént cun ‘na iscì bèla giurnàda! (L’hai detta giusta, Trivigno sembra un sogno tutto per noi due, peccato che non ci sia in giro gente con una così bella giornata).
Ha ragione, la giornata è bella, il cielo è di corallo, il posto è meraviglioso, dovrebbe esserci un sacco di gente in giro. Mentalmente faccio un inventario delle persone incontrate: due ciclisti nella piazzetta innanzi alla chiesa di S. Gaetano, due signori anziani sulla strada che va àla Crùs, due fugaci macchine e una moto sulla strada. Alcune case le ho viste aperte, perlomeno le finestre erano aperte. Nulla più. L’amico continua: “ai mé témp l’era tütt ‘n sunà de brùnzi de vàchi, de ùs de raisìn e giuinòt, ‘l gh’éra vita, adès i giùan i rüà sü ‘l sàbat u àla dumenéga a fa scià la pulénta taràgna e po’ i scàpa ‘n giù debòt (ai miei tempi era tutto un risuonare di bronze di mucca, di voci di ragazzi e giovanotti, c’era vita, adesso i giovani giungono fin quassù al sabato o alla domenica per fare la polenta taragna e poi scendono subito a valle ).

Un poco di movimento lo si vede in luglio e agosto, ma non tutte le case anche in quel periodo sono aperte. Mi piacerebbe che Trivigno si animasse nel pieno rispetto della natura. La gita è finita. Ciufìn mi invita nella sua casa di Trivigno. Sua moglie ha preparato tre magnifici chisciöi, tondi e rubicondi da non starci nel piatto; di contorno c’è cicoria, da bere una bottiglia di vino rosso Valtellina, per frutta le sue ciliege. Ci serve dicendo: ho preparato tre chisciöi, se sono troppi, fa niente. Quello che avanza lo porto a casa, perché noi lo mangiamo anche freddo. Illusa! Io e ‘l Ciufìn, i chisciöi li abbiamo sbaffati tutti e tre, scolando anche la bottiglia. Merito della “conca sospesa nel cielo” che con la sua aria ci ha stuzzicato l’appetito e la voglia di ritornare, appena possibile, su questa Alpe da sogno.
Ezio Maifrè

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